La storia


 

Un antica tradizione, confermata anche dal Polidoro, fa risalire all’inizio dell’era volgare la costruzione del Castello di Rocca eretto per difendere gli abitanti dalle incursioni dei nemici.
Ma il primo documento storico in cui viene menzionata Rocca San Giovanni, risale al 1° marzo 1047; si tratta di un diploma firmato dall’imperatore Enrico III per il Monastero di S. Giovanni in Venere e riportato da Ughello nel catalogo dei vescovi di Chieti. Oderisio I°, abate di S, Giovanni in Venere, pensò di raggruppare le popolazioni sparse per i casolari campestri e così nel 1076 costruì una cinta di mura intorno a Rocca ed iniziò la costruzione della Chiesa Parrocchiale, e per ricordo fece scolpire una lapide con la seguente iscrizione:

IN NOME ED A GLORIA DI DIO ONNIPOTENTE ODERISIO PER GRAZIA DI DIO ABATE DI SAN GIOVANNI IN VENERE COSTRUI’ QUESTO LUOGO FORTIFICATO IN DIFESA DEGLI ABITANTI E DEI LORO BENI CONTRO GLI ASSALTI DEI NEMICI NELL’ANNO DELL’INCARNAZIONE DEL SIGNORE 1076 NELLA SEDICESIMA INDIZIONE

Ad un secolo di distanza e precisamente nel 1176, il pontefice Alessandro III concedeva la proprietà del Castello al Monastero di San Giovanni, confermata nel 1195 dall’imperatore Enrico VI, il quale concedeva in proprietà perpetua all’Abate Oderisio II ed ai suoi successori, tutti i castelli e le borgate che il Monastero aveva acquistato al tempo dei Re di Sicilia Ruggiero I e II; e fra questi vengono specificatamente ricordati Rocca San Giovanni e Fossacesia. Oderisio II fu uno dei migliori abati che governarono il Monastero e per i suoi meriti insigni fu nominato Cardinale. Egli agli inizi del 1200 iniziò la costruzione di altri edifici e monumenti, allargando notevolmente la cerchia del paese, per dar modo ad altri abitanti delle campagne di potervisi rifugiare nell’imminenza dei pericoli che in quei secoli turbolenti turbavano la vita serena dei campi. Rocca allora si abbellì di una fortissima cinta di mura e di tre torri quadrangolari. Delle mura restano oggi solo alcuni avanzi nella parte orientale con una torre merlata dalla forma di tronco di cono a basi rovesciate. Le tre torri, alte e poderose, sono raffigurate anche sullo stemma municipale che porta in campo tre torri merlate sopra un ponte. Delle tre torri, una si conserva in ottime condizioni fino al novembre 1943, quando fu distrutta dalla furia bellica. Sulla facciata rivolta al paese era murata una lapide latina, che è stato possibile salvare, con caratteri Gotico – rustici. Un’altra torre, l’odierno campanile, impreziosisce la piazza con la sua monumentale struttura.

Il 1° Gennaio del 1200 Oderisio mentre inaugurava questi nuovi edifici e i nuovi monumenti, dettava alcune leggi (raccolte nello Statuto del 1200) conservate nell’archivio di Stato recuperate in copia e conservate presso il palazzo municipale, riportate integralmente dal Polidoro nella sua memoria storica su Rocca S. Giovanni. Nella prima disposizione, la Chiesa di San Matteo viene costruita Madre di tutte le Chiese di Rocca: vengono menzionate le chiese di S. Giorgio, S. Silvestro, S. Antonio abate, di cui oggi non resta alcun ricordo. La chiesa di San Matteo nel 1896 veniva allungata ed ampliata al fianco destro con la costruzione di tre cappelle. Altri accomodi e la creazione di una piazza centrale veramente grandiosa ed armonica, hanno contribuito a dare a Rocca un aspetto accogliente ed invitante, che la rendono uno dei paesi più ben costruiti e più dilettevoli della Provincia di Chieti.

L’opera benefica e illuminata di Oderisio II assicurarono a Rocca un lungo periodo di pace di benessere, che durò indisturbato per più di un secolo e precisamente fino al 1346 quando lo stato di pace fu tragicamente interrotto da una lotta funesta con la vicina Lanciano, che non potendo espugnare il castello e catturare l’Abate, rubarono una grandissima quantità di frumento nelle campagne vicine ed appiccarono il fuoco a numerosi edifici.

Sulla fine del secolo XIV durante il grande scisma d’Occidente, il conte di Manoppello Ugone Orsini, fedelissimo della Regina e capo degli Scismatici di tutto l’Abruzzo, assalì l’abbazia di S. Giovanni in Venere e i suoi monaci; dopo un assalto furibondo occupò anche Rocca San Giovanni, ma la foga dell’Orsini si infranse contro le munitissime difese del castello di Rocca dove si erano rifugiati l’Abate ed i monaci. L’Orsini non potette far meglio che cingere d’assedio il Castello, ma visti i vani sforzi incendiò tutto l’abitato di Rocca. Soltanto una folta schiera di lancianesi, fedeli al Papa, venne in aiuto dell’abitato riuscendo a sconfiggere le schiere dell’Orsini ed a liberare l’Abate con i suoi monaci. L’assalto dell’Orsini provocò notevoli danni a Rocca ed alle sue mura ma l’Abate Giacomo Capograsso di Sulmona iniziò l’opera di restauro nel 1400.

Un nuovo flagello venne ad abbattersi su Rocca nel 1456: un violento terremoto procurò danni notevoli all’abitato. Ma da allora Rocca rifiorì e raggiunse uno stato di floridezza, in contrasto con l’abbazia che, dopo tante glorie, si avviò alla decadenza tanto che si rese necessario un decreto Pontificio con cui nel 1588 l’Abbazia e la sua Rocca venivano tolte ai Benedettini e affidate alle cure di S. Filippo Neri. I due luoghi risentirono dei notevoli benefici della saggia e paterna amministrazione del Santo dei sacerdoti e del suo oratorio. I Filippini costruirono a Rocca, sul fianco destro della Chiesa Parrocchiale, il cosiddetto Palazzo dei Filippini, che restò alloggio parrocchiale fin quando fu venduto al demanio pubblico nel 1870. Il palazzo fu in gran parte trasformato e manomesso ed oggi vi rimane solo un avanzo dell’epoca medievale, consistente in un’entrata in pietra a forma di guglia Veneto-Bizantina, oggi restaurato e valorizzato. Un ‘altro terremoto, molto più violento di quello del 1456, colpì Rocca S. Giovanni nel 1672, che distrusse quasi tutta l’abbazia e parte notevole di Rocca.

Nel 1628 le mura orientali di Rocca, che fungono da sostegno all’abitato, vennero ricostruite e nel 1970 restaurate insieme al camminamento interno, mentre le altre mura furono abbattute per dar modo al paese di estendersi e di abbellirsi. Sulla metà del 1770 vicino a Rocca fu stabilito un accampamento di soldati mercenari, al soldo del Re di Napoli, quasi tutti provenienti dalla Dalmazia, di qui l’appellativo di Schiavoni dato ad una contrada di Rocca.

All’inizio del 1800 un caldo spirito di patriottismo e di libertà spirò anche sulla nostra Regione. Rocca non vi rimase estranea ed insieme ad altri centri importanti del chietino partecipò alle lotte ed alle speranze che, fra lagrime e sangue, dovevano far grande, libera ed una la patria. A Rocca infatti fra il 1820 ed il1840 fiorì un’attivissima rivendita della Carboneria: ne erano capi operosi ed illuminati il CROCE ed il MASCI. Riunitasi alla patria comune insieme a tutto il restante territorio del regno di Napoli nel 1860, Rocca iniziò nel 1862 la costruzione di un palazzo municipale di stile medioevale, che ancora oggi rimane tra i più belli e grandiosi dell’intera Provincia di Chieti.

Non possiamo tacere alla fine di questa memoria storica gli avvenimenti veramente grandiosi che martoriarono per lunghissimi mesi il nostro paese insieme agli altri che dovettero subire in modo tanto brutali le offese egli orrori della guerra, che portarono alla distruzione di molte case e dell’antica torre a sud del paese, mentre la Chiesa, il campanile e il camposanto furono danneggiati gravemente dagli attacchi aerei dei nemici. Ricostruiti lentamente e faticosamente dalla laboriosità degli abitanti di Rocca, oggi il Campanile, la Chiesa, il Municipio troneggiano a guardia di una delle piazze più belle dell’intera provincia.

Statuto originale del 1200 con traduzione in italiano

 

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